Artista: Giovanni Migliara
Formato: 112 x 132 cm
Museo: Fondazione Cariplo (Milan, Italy)
Temi: Olio Su Tela
Questo dipinto può essere identificato come la veduta dell'interno della Cattedrale di Milano commissionata dal Conte Archinti e esposta all'Esposizione Nazionale di Belle Arti di Brera nel 1826. Riprodotta in incisioni e descritta in dettaglio nella stampa, il lavoro mostra la stessa maneggevolezza di luce e di prospettiva delle versioni precedenti ma differisce in termini di episodi raffigurati e delle sue dimensioni maggiori. L'effetto illusionistico di collocare lo spettatore nella porta principale della Cattedrale di Milano tra le due file di pilastri nella navata è ottenuto combinando una solida griglia di prospettiva con un gioco di luce calibrato, entrando dalle finestre a destra e colpisce i pilastri e il pavimento, mentre l'oscurità del soffitto a volta è forata da un unico albero dalla finestra nel piano superiore. Sullo sfondo, l'altare maggiore, dove si celebra la Messa, è festosamente decorato e illuminato da numerose candele creando un effetto luce virtuoso. Rapporti del periodo lodarono l'opera per il grande realismo e varietà dei tipi sociali ritratti, concentrandosi in particolare sull'episodio minore di una giovane donna vestita sontuosamente nel gruppo di figure nella luce nella navata. Sta volgendo la testa a destra alla ricerca di un giovane elegante alla fine della chiesa, che restituisce lo sguardo. Migliara continuò a presentare questo argomento in numerose opere fino al 1830, alcune delle quali commissionate dai membri dell’aristocrazia e delle classi medie superiori, tra cui il viceré Archduke Ranieri, la famiglia Melzi d’Eril e la contessa Giulia Samoyloff. Dalla miniatura sulla seta alla grande tela, adottando lo stesso punto di vista prospettico con lievi variazioni per quanto riguarda l'illuminazione e gli episodi raffigurati, questo alla fine divenne una classica vista dell'interno della cattedrale. Il modello è stato ripreso dai “Migliaristi” Giovanni Battista dell’Acqua e Pompeo Calvi, seguiti nella seconda metà del secolo da Filippo Carcano e Arturo Ferrrari.
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