Luogo di nascita: Milan
Anno di nascita: 1754
Anno di morte: 1817
Biografia:
«L'alacrità con cui egli si diede agli studi più profondi dell'arte, l'amore infinito ardentissimo del bello a cui educò la propria anima, il sentimento della delicatezza ch'egli si procacciò svilupparono ed accrebbero i doni della natura. Ed Appiani può dirsi per eccellenza il Pittore del secolo»
Andrea Appiani è stato un pittore italiano.Alfiere del neoclassicismo in Italia, fu uno dei maggiori esponenti di quel periodo compreso tra l'Illuminismo e le vicende napoleoniche, grazie alla specificità espressiva del suo stile, vero e proprio trait d'union tra la morbidezza del tratto leonardesco e la grazia del classicismo. Nel 1807 viene nominato direttore della Pinacoteca di Brera.
È lo stesso Appiani, in una feroce invettiva rivolta al padre, a darci indicazioni del disagio che nutriva nei confronti della medicina, e di come preferisse dedicarsi agli studi artistici:
«Veda, sig. padre, a 15 anni faccio qualche testa, qualche figura o bene o male: sono sull'uscio delle belle arti, sto per entrare nel santuario che mi tocca il cuore: a 15 anni cosa sarei in faccia all'arte medica, eterna ad apprendersi; anzi appresa giammai a sufficienza pei bisogni degli uomini, perché poi dobbiamo morire? sig. padre, quell'arte è contro natura, cioè contro l'esito della nostra vita ... io l'aborro»
Andrea Appiani nacque a Milano il 31 maggio 1754 dal medico Antonio Appiani e da Maria Liverta Jugali. Battezzato alla chiesa di San Carpoforo con i nomi di Giovanni, Andrea e Melchiorre, il padre sperava di farne un buon medico: nel 1769-70, quand'aveva quindici anni, non era però ancora arrivato a studiare «rettorica» nelle scuole pubbliche di Milano che già si manifestò in lui la vocazione artistica, suscitata dalla copia di numerose stampe e dal disegno di qualche testa dal vivo. Fu per questo motivo che il padre, nel 1769, allocò il giovane figlio dapprima sotto la guida di un «maestro mediocrissimo», e poi nella scuola privata di Carlo Maria Giudici, pittore e scultore di vaglia che allora godeva in città di una distinta notorietà, anche grazie al sodalizio con Anton Raphael Mengs. Negli anni in cui fu allievo del Giudici l'apprendista pittore poté ampliare la propria cultura figurativa e ricevere i primi rudimenti del disegno, studiando e riproducendo le opere dei grandi maestri rinascimentali, quali Raffaello Sanzio e Giulio Romano. Frequentò poi lo studio all'Accademia Ambrosiana del frescante Antonio De Giorgi, con il quale approfondì pittura a confronto diretto col modello di Leonardo e del Luini; passò quindi all'atelier di Martin Knoller, che gli trasmise le tecniche dell'affresco e del chiaroscuro. Lasciò il Knoller per Giuliano Traballesi, dal gusto spiccatamente più barocco: fu per questo che Appiani non apprezzò i suoi insegnamenti, tanto che fra i camerati godeva fama di «seccone». Ciò malgrado, in questo giro d'anni poté stringere amicizia con le più eminenti personalità artistiche del tempo: Gaetano Monti, condiscepolo di anatomia presso l'Ospedale Maggiore, gli fu amico per tutta la vita; Piermarini, Aspari, Parini (anche la famiglia Appiani, tra l'altro, era originaria di Bosisio), Albertolli, e pure il Monti ed il Foscolo, benché conosciuti più tardi, furono tutti tra i suoi intimi.
Mortogli il padre, Appiani attraversò un periodo segnato da vicissitudini e sofferenze, e per vivere dovette adattarsi a lavori diversi per ritrarne mezzo di sussistenza: dipinse scene e costumi per il teatro alla Scala, decorò carrozze, eseguì fiori su seta. Il termine di questo periodo di attività spuria buona a toutfaire venne sancito dall'esecuzione dell'affresco dei Santi Gervasio e Protasio per la chiesa di Caglio (1777), con la quale iniziò ad affermarsi presso il grosso pubblico. In questi anni realizzò anche quattro tempere per il conte Ercole Silva raffiguranti il Ratto di Europa (1778-79), una Natività per la Collegiata di Santa Maria ad Arona (1782), ed affreschi al palazzo Diotti (oggi sede della prefettura di Milano) e alla chiesa parrocchiale di Rancate; grazie ai lavori bozzettista e scenografo alla Scala, inoltre, ebbe modo di visitare Firenze su invito di Domenico Chelli. Anche nel quinquennio tra il 1786 e il 1790 Appiani venne febbrilmente assorbito nell'attività di decoratore, che lo vide impegnato al duomo di Monza (dove costruì nel 1798 l'Altare Maggiore), in palazzo Busca alle Grazie, in palazzo Litta, in casa Orsini Falcò, in palazzo Greppi e nella Villa Reale di Monza, nella cui Rotonda delle Serre eseguì il fondamentale ciclo della Storia d'Amore e Psiche per l'Arciduca Ferdinando d'Asburgo.
In questo stesso periodo Appiani si invaghì di Costanza Bernabei, già sua allieva; il matrimonio, che si rivelerà molto felice e sarà coronato dalla nascita di quattro figli, fu celebrato nel 1790. Intanto, nel 1791, poté visitare in un viaggio di perfezionamento artistico dalla durata di nove mesi Parma, Bologna e nuovamente Firenze, giungendo a Roma (dove ammirò Raffaello e la «grazia soave e di retta semplicità» delle pitture di Mengs custodite nella Biblioteca Vaticana) e infine a Napoli, dove rimase assai colpito dalla statuaria classica ivi esposta. I frutti di tanto arricchimento non poterono tardare, tanto che nel lustro successivo fu sostanzialmente impegnato nell'impresa degli affreschi sotto la cupola della chiesa di Santa Maria presso San Celso, coi quattro Dottori a fianco dei finestroni e i quattro Evangelisti nei pennacchi: l'esecuzione dell'opera, nonostante una sfortunata accoglienza, procurò subito al pittore milanese fama e nuove commissioni, minuziosamente elencate nel libro scritto dall'amico Giuseppe Beretta.
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