Madre e Figlio – (Carlo Carrà) Precedente Successivo


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Formato: 110 x 80 cm

Museo: Fondazione Cariplo (Milan, Italy)

Temi: Olio Su Tela

Dato 1934, il dipinto è stato inserito nella mostra a dicembre dell'anno successivo alla Galleria del Milione di Milano, insieme ad un nucleo sostanziale di oltre quaranta opere che hanno messo in evidenza puntualmente il percorso artistico del pittore dai suoi inizi futuristi (Woman at the Balcony (Concurrency), 1912), attraverso la stagione metafisica (Mannequins, 1917), fino all'innovativa ricerca intrapresa fin dagli anni Venti (Swities). In stretti rapporti con i più recenti esperimenti effettuati all'interno della sfera della pittura murale, invece, questa vasta tela con una struttura monumentale e un materiale pittorico magra, apparsa ai critici dell'epoca, come un tentativo che sembra condurre pitture ad olio alle grandiose espressioni e ai contrasti luminosi che sono specifici per l'affresco, e che si trova a breve distanza dalla conclusione della decorazione della Triennale di Vroni (1933) e dalla firma del Campio Massimo Mural Benvenuta favorevolmente dalla critica, Madre e Figlio si occupa di un motivo ricorrente di quello che Jean Cocteau aveva definito nel saggio dello stesso nome del 1917, il periodo del ritorno all'ordine, reinterpretando i suggerimenti della pittura neoclassica di Picasso degli anni Venti in una composizione calibrata e nella volumistica costante delle forme. Una madre catturata in un momento di gioco insieme a suo figlio, diventa qui il pretesto per una riflessione sul rapporto tra le figure e lo spazio, punteggiata nella rigida giustapposizione geometrica dei piani che dall'ambiente chiuso del soggiorno, attraverso la finestra aperta, portano alla città moderna, avvolta in una foschiata. In questo attento equilibrio sono disposti, sparsi sul pavimento, la palla e la vita ancora con brocca e ciotola, oltre a un bastone colorato, lo stesso già mostrato in Drunken Gentleman (1916-17, collezione privata), che evocano la stagione metafisica dell'artista in un gioco sottile di riferimenti e citazioni. La giovane donna, assorbita, con lo sguardo lontano e assente, è inserita in un repertorio di figure femminili di compostezza classica e monumentalità solenne che Carrà ha iniziato alla fine degli anni Venti (Woman che si asciuga, 1927, Milano, Galleria d’Arte Moderna) e prosegue nel prossimo decennio con l’estate (1930, Milano Museo del Novecento), Le Figlie del Pescatore e Donna sulla spiaggia (1931, Trieste, Museo Rivan contemporanei Impegnato a “ristabilire il rapporto di continuità storica e armonia tra colore e forma che [la sua generazione ha trovato rotto al suo sorgere” (C. Carrà, Autopresentazione, in II Quadrenniald d’Arte Nazionale, Roma 193516), p.335), il pittore agisce come interprete di una modernità fondata sull’antiquariato, sulla tradizione e, in particolare, sui primitivi italiani ai quali aveva dedicato i suoi famosi scritti contemporanei risultati.

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