Artista: Elena Sofia Barucchieri
Data: 2015
Museo: la Biennale di Venezia (Venice, Italy)
Temi: Travertino
Elena DamianiBorn Lima, Perù, nel 1979. Vive e lavora a Copenhagen, Danimarca. The Victory Atlas series (da sinistra a destra):The World 1, 2012The Heavens 1, 2013Europe, 2013The World 3, 2013Messico, 2013 The World Time Zones, Cables and Wireless Stations, 2013The Heavens 2, 2012Elena Damiani appartiene ad una recente generazione di artisti del Perù che hanno guadagnato il riconoscimento internazionale per la loro capacità di affrontare le questioni storiche. Nel caso di Damiani, anche se è stata istruita in Europa e il suo lavoro è presentato in uno stile globale facilmente riconoscibile, il riferimento al suo paese di origine può sembrare meno evidente che nelle opere di altri artisti della sua generazione. Nel lavoro di Damiani, il paesaggio peruviano è pesantemente carico di miti e storia reale, il simbolico e il materiale. Quei paesaggi che sono stati intensamente esplorati durante la colonizzazione, soprattutto nelle esplorazioni scientifiche durante il XIX secolo, sono riconosciuti come il lavoro delle culture antiche dei popoli indigeni, che ha prodotto alcuni dei punti di riferimento architettonici più importanti del mondo, compresi gli edifici delle linee Machu Picchu e Nazca. D'altra parte, il Perù era anche (e in qualche modo è ancora) un teatro delle crudeltà della colonizzazione. Al di là di queste associazioni comuni, tuttavia, il Perù è stato un paese caratterizzato in tempi moderni dall'esplorazione delle sue risorse minerali. Qui la ricerca di Damiani in una cosiddetta “geologia estetica” intreccia il presente con la preistoria. Il suo più recente corpo di lavoro, la serie Rude Rocks, unisce il suo interesse a quello che l'artista Robert Smithson ha chiamato "la terra come un museo", con i suoi studi scultorei di strati geografici. Le formazioni rocciose, naturalmente, sono microcosmi delle origini incerte della terra. Quando sono messi insieme con i dati che registrano la storia della terra, tuttavia, le rocce sono altamente sensibili a tutti i tipi di speculazione, sia scientifica che altro. Il nuovo corpo di lavoro di Damiani, come lo spiega, è come il libro di sabbia di Jorge Luis Borges, una storia che non ha né inizio né fine. Invece, è aperto ad ogni tipo di intervento e alterazione, anche se rimane sempre lo stesso. In questo modo, Rude Rocks è come un incubo entropico: tutto è destinato a rimanere così com'è. Ciò può spiegare perché, invece di continuare a creare interventi site-specific nei paesaggi antichi, Damiani ha deciso di coinvolgere l'ibridazione tra design moderno e letture preistoriche. Di conseguenza, la sua nuova serie permette di riflettere la razionalità nel proprio specchio distorto. Robert Smithson una volta propose di rileggere il lavoro del pittore francese Paul Cezanne, suggerendo che lo spettatore iniziasse un viaggio invertito dalla tela allo studio, e di nuovo al paesaggio, che era il soggetto dell'artista. Allo stesso modo, Damiani sembra invitare la modernità a guardare indietro e a considerare le sue radici ideologiche e geologiche contrastanti.
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