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Ouve-me - Helena Almeida | Wikioo.org – L'Enciclopedia delle Belle Arti

Ouve-me – (Helena Almeida) Precedente Successivo


Artista:

Data: 1979

Museo: Culturgest - Fundação Caixa Geral de Depósitos (Lisboa, Portugal)

Temi: Fotografia

TRA LA VOCATIVE E LA SILENZA La sequenza di immagini mostra un dettaglio di un volto, la bocca di una donna, che dice qualcosa nella mutezza dell'immagine. “Hear” è scritto sopra la bocca, ma la forma vocativa, bloccata nella limitazione sordo della fotografia, sembra essere rinforzata ulteriormente dal tipo di sutura che il disegno fatto sulla bocca segna. Questo pannello fotografico di Helena Almeida fa parte di una serie di opere realizzate tra il 1978 e il 1979 intitolate sente-me, ouve-me, vê-me su supporti diversi: si tratta principalmente di fotografia, ma comprende anche un lavoro sonoro e un video. Il set è impressionante nel contesto dell’arte degli anni Settanta, ed è ancora oggi un momento cruciale nella carriera di Almeida nel senso che la sua proposta di utilizzare l’immagine per realizzare una riflessione intensa sul tema dell’identità, del corpo, del luogo, del valore della comunicazione nell’arte e del suo rapporto con l’estetica più epidermica della sensibilità trova qui espressione unica, intensa e ironica. In questa serie Ouve-me ha sempre a che fare con la bocca, e spesso appare in altri set di immagini in uno spettro che esce dalla bocca dell'artista, o nell'immagine video fantasmamatica del corpo dell'artista che attraversa il colpo della tela. Vê-me è un lavoro sonoro; Sente-me ha a che fare con il rapporto del corpo con gli oggetti inanimati. Come in molte opere di Helena Almeida, c’è un bel lato ironico a questo insieme di opere presentate per la prima volta alla Erika + Otto Friedrich Gallery, in Svizzera, nel 1979 (e solo in seguito riunite in una mostra e un libro nel 2004 al Centro Cultural de Belém, Lisbona). In tutto questo progetto è il corpo dell’artista che viene presentato, interagendo con la superficie della tela e con i diversi dispositivi che lo identificano. Eppure queste immagini sono rivolte anche ai nostri corpi, perché vedere un corpo ci fa vedere i nostri corpi proiettati su di esso. Delfim Sardo

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