Artista: Jacques Louis David
Formato: 149 x 113 cm
Museo: Fondazione Cariplo (Milan, Italy)
Temi: Olio Su Tela
“Nel entrare abbiamo trovato Socrates appena rilasciato da catene, e Xanthippe [...] seduto da lui, e tenendo suo figlio tra le braccia. Quando ci ha visti ha proferito un grido e ha detto quelle cose come le donne». Questo passaggio, tratto dal capitolo III del Phaedo di Platone è la fonte letteraria per l’opera che illustra la morte del filosofo greco, privilegiando la rappresentazione di un intimo e privato piuttosto che la narrazione del suicidio ampiamente diffuso dagli artisti a causa della sua drammatica enfasi. La storia del giusto uomo che accetta con serenità la sua sentenza e la sua morte si prestano come uno straordinario virtuoso esemplare per i maggiori pittori neoclassici, da Gambettino Cignaroli a Jacques-Louis David, godendo di un ampio consenso e di una duratura fortuna che si estendeva durante il primo decennio dell'Ottocento. Il dipinto è ora nella raccolta della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia con l’attribuzione a Franz Caugic, pittore di Gorizia di solida formazione neoclassica, che aveva terminato i suoi studi presso le Accademie di Belle Arti di Vienna e Bologna, ricordato come “uomo di talento” di Johann Wolfgang von Goethe, nella sua opera Winckelmann e il suo secolo. Durante il suo soggiorno a Roma dal 1781 al 1787, partecipò al vivace clima intellettuale della città, entrando in contatto con i più famosi artisti dell'epoca, tra cui Jacques-Louis David e Antonio Canova. In questo contesto ha maturato una completa adesione al Neoclassicismo che gli ha valso, al suo ritorno a Vienna, un ruolo di primo piano nel panorama artistico della città, oltre a prestigiose posizioni di patroni internazionali di alto profilo. L'attribuzione tradizionale dell'opera a Caugic è stata respinta da Maddalena Malni Pascoletti, che ha recentemente condotto indagini accurate sul dipinto. All'interno del grande corpus di più di duemila disegni, conservati a Vienna, Lubiana e Gorizia, infatti, non è stato trovato alcun studio preparatorio per questa tela, il cui soggetto non è nemmeno nelle liste delle opere d'artista, pubblicate più volte nel corso dell'Ottocento. Lo studioso, inoltre, da un confronto con Socrates con un Disciple e Diotima, eseguito dal pittore gorigiano per il Palazzo del Principe Auersperg a Vienna, ha trovato notevoli differenze nell’aspetto di Socrate, “da una calvizie molto più pronunciata e il profilo più simile a una caricatura”, che contribuiscono ad escludere la paternità del Caucig per il dipinto in questione, concepibilmente attribuibile a un primo secolo veneto attivo L'opera rivela una completa maturazione del linguaggio neoclassico divulgato attraverso le Accademie all'inizio del secolo, che si riferiscono sia all'accuratezza nella rappresentazione della fonte letteraria, sia all'insistenza filologica nell'adozione di un antico modello per ricreare le somiglianze del filosofo (il busto di Socrate conservato nel Museo Pio Clementino di Roma). Gli insegnamenti accademici corrispondono, inoltre, alla calibrata costruzione della composizione, accuratamente studiati in relazioni di chiaroscuro: il raggio di luce che colpisce la donna con un sapiente effetto scenico, infatti, fa emergere il profilo di severa bellezza e l'elegante tavolozza cromatica dei capi, elevandola alla sofferente protagonista dell'evento.
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