Artista: Louise Nevelson
Formato: 240 x 198 cm
Museo: Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea Torino (Torino, Italy)
Temi: Scultura
La ricerca plastica di Louise Nevelson proviene direttamente da quella serie di scultori americani che avevano lavorato a diretto contatto con le figure principali della New York School. Una delle tecniche più esplorate da loro è stata quella di assemblage, un patrimonio culturale Dada-Surrealista, esemplificato nella mostra L'Arte dell'Assemblage organizzata da William Seitz nel Museum of Modern Art di New York. L'assemblage fu poi molto praticata da giovani artisti d'avanguardia, sia per ragioni economiche che per ragioni estetiche, legati alla possibilità di contatto diretto con la realtà in un senso meno estetico e più vissuto. Non è di gran lunga in grado di identificare le vetrine che contengono oggetti trovati dalle scatole personali di Joseph Cornell o Rauschenberg come precursori diretti per le sculture di Nevelson (erano insieme, inoltre, alla mostra annuale del Whitney Museum nel 1953), che univa l'interesse surrealista all'immaginario con una passione per le civiltà precolombiane antiche. Questo interesse è stato suscitato da un viaggio nello Yucatan, dove ha scoperto steli e totems in cui sono stati fusi vari codici Mixtec e scene di vita Maya, e rafforzato dalla sua esperienza come assistente di Diego Ribera. Dopo i suoi primi tentativi in terracotta, durante gli anni '50 Nevelson si dedicò quasi esclusivamente all'uso del legno, creando sculture monumentali assemblate da scatole, che divennero sempre più grandi, strutturate in livelli e sempre monocroma: inizialmente in nero opaco, poi in bianco e oro. La decisione di dare immediatamente un carattere puramente monocromatico a queste opere era volta a ridurre le differenze tra i vari oggetti che li compongono, sottolineando la natura eminentemente scultorea di questa ricerca, in cui tutta la caratterizzazione pittorica rimanente è annientata o ridotta ai suoi termini minimi.
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