Artista: Mona Hatoum
Data: 1995
Formato: 120 x 670 cm
Museo: British Council (London, United Kingdom)
Temi: Scultura
Preghiera Mat è stato fatto come parte di una serie di tappeti che Mona Hatoum ha prodotto per la Biennale di Istanbul del 1995. A prima vista, avrebbe potuto essere ritirata dalla città turistica-laden Bazaar, ma comprende infatti migliaia di perni in ottone nichelato incollati a una tela con una bussola posta al suo centro per consentire l'orientamento verso la Mecca. Guy Brett ha descritto come il lavoro non dovrebbe essere visto semplicemente come una satira ironica sulla religiosità, ma anche come un’invenzione poetica, immaginazione-stretching, che si riaccende su se stessa per evocare la meraviglia cosmica di un cielo stellato. L'opera si nutre di una linea di attività radicali basate sul pavimento, tra cui quelle di Jackson Pollock, Carl Andre e Richard Long, così come di artisti Arte Povera come Jannis Kounellis e Piero Manzoni. Hatoum aggiunge la sua voce a questo lignaggio, anche se il focus del suo dialogo non è tanto con questi calpestieri maschili come tra i materiali che seleziona e il loro impatto sulle percezioni e le emozioni dello spettatore. Hatoum nacque in Libano da genitori palestinesi. Frequentò l'Università di Beirut, studiando il disegno grafico, prima di venire in Inghilterra nel 1975 proprio come la guerra scoppiava nella sua patria. Costretto in esilio si iscrisse alla Byam Shaw School of Art prima di continuare allo Slade. In una pratica che incorpora installazione, scultura, performance, fotografia e film e video, il suo lavoro, fin dall'inizio, è stato focalizzato sul corpo come l'asse delle nostre percezioni – un luogo di attivismo, lotta e persecuzione. Nel 1985, ha lanciato un paio di brillanti stivali Doc Martens e si è strofinata per le strade di Brixton, un'area che sperimentava gravi rivolte di gara all'epoca. Gli stivali evocano sia la vulnerabilità che l'autorità; potrebbero appartenere a una skinhead o un poliziotto. Sono impotenti eppure animati inquietanti. L'opera combina un umorismo con la comprensione sfumata delle qualità simboliche degli oggetti che vanno a fianco di un autentico impegno con l'urgenza sottostante del posto. Mentre nelle prestazioni di Hatoum è il suo corpo che è la fase di principio su cui il significato è combattuto, nelle sue installazioni e scultura il rapporto chiave è tra oggetto, spettatore e spazio. Le sue forme deliberate sono belle ma caricate, rivelando complessità e contraddizioni. Esiste una tensione tra, da un lato, il desiderio di armonia formale delle forme astratte e dei modelli estetici, e dall'altro un profondo sospetto delle loro qualità potenzialmente disumanizzanti. Le sculture sono impregnate non solo del linguaggio fenomenologico del Minimalismo, ma anche della lotta per la voce politica in un mondo contemporaneo complesso. Preghiera Mat ci fa prendere in considerazione le nostre strutture di fede e i mezzi attraverso i quali andiamo su momenti privati di impegno spirituale. Lo fa in un modo del tutto serio e anche leggero del tatto; subito sensibile all’individuo e anche consapevole dei sistemi all’interno dei quali gli individui operano.(C) Richard Parry 20091 Guy Brett, ‘Survey’, in Michael Archer, Guy Brett e Catherine de Zegher, Mona Hatoum (London: Phaidon, 1997), 77.2 Hatoum in conversazione con Michael Archer, a Mona Hatoum (1997), 8.
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