Azulejões (com intenzioni) – políptico – (Adriana Varejão) Precedente Successivo


Artista:

Data: 2000

Formato: 100 x 100 cm

Museo: Culturgest - Fundação Caixa Geral de Depósitos (Lisboa, Portugal)

Temi: Olio Su Tela

BAROQUE SAMBA “Azulejões”, era quello che questo artista brasiliano li chiamava. Grandi piastrelle dipinte amplificate su una scala tale che il loro soggetto diventa il cracked trasformato in una violazione. L'enorme dimensione delle piastrelle, rigorosamente fotocopie dai loro veri modelli, è una grande impresa tecnica, ma questo non è l'aspetto chiave, perché il nostro sguardo non ci fa vedere i dipinti come dipinti su tela (che sono), ma come enormi superfici ceramiche. Sin dalla sua prima produzione, Adriana Varejão ha affrontato il problema del rapporto coloniale tra Brasile e Portogallo, dipinti di genere che mostrano la disgrazia e il lato libidinoso delle piantagioni coloniali. In questi azulejões, di cui abbiamo due frammenti di un pannello gigante, la memoria del barocco portoghese viene convertita in una scala immensa, all'estero, brasiliana, trasformata in un'enorme ondata marittima complessa come la saga del Brasile. Non è quindi un discorso visivo sul colonialismo. Si tratta del rapporto tra Brasile e Portogallo, sul modo in cui il barocco è stato appropriato da Samba, come la volute decorativa assume una scala epica e carnale, come la prugna in stoffa diventa una piega in carne, come è il caso nelle sue sculture. Questi dipinti, tuttavia, vanno oltre la questione del colonialismo, perché le loro fessure sono un'eredità di Lúcio Fontana, l'artista italiano che ha fatto tagli precisi in dipinti monocromatici negli anni '900. In queste fessure Adriana Varejão trova il passaporto in un universo della carne. A volte nei suoi dipinti ci sono lingue di carne (così realistiche che diventano grottesche) provenienti dall'interno. Negli azulejões che la violenza è più contenuta, ma l'orrore si allontana da sotto la decorazione, sotto la decadenza delle loro crepe. Delfim Sardo

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