Artista: Pedro Cabrita Reis
Data: 1993
Formato: 205 x 250 cm
Museo: Culturgest - Fundação Caixa Geral de Depósitos (Lisboa, Portugal)
Temi: Scultura
MACHINE DI FORMAZIONE Le scatole trasformate in tavoli che supportano il vetro con le cupole su di loro sono macchine, collegate da cavi. Sono, come diceva Joseph Beuys, batterie. Nel caso di Pedro Cabrita Reis, sono macchine alimentate da un'energia che sembra provenire da una zona profonda, portoghese e vernacolare, collegata ad un ricordo di qualche tempo perso tra il passato vago e il loro presente. Pedro Cabrita Reis ha quella strana capacità di trasformarci in attuatori di un dispositivo per muoversi nel tempo – le sue opere sono macchine del tempo, vernacolari nella loro fragilità. È nella controposizione di elementi che riconosciamo – dispositivi che appartengono ad un'archeologia della memoria e il collegamento permanente all'idea di costruzione, di edificazione – che queste sculture trovano la loro specifica ed efficiente potenza. Questo lavoro è stato una commissione del Colecção da Caixa Geral de Depósitos ed è collegato ad altre opere che Cabrita Reis ha fatto allo stesso tempo, vale a dire come una straordinaria installazione che ha fatto per la città di Óbidos. Quest'opera monumentale era intitolata Das mãos dos construtores (1992) ed era costituita da immensi condutture che portarono e uscirono in sobrie abitazioni in mattoni. Nello stesso tempo fece una serie di sculture dal titolo H. tute, che aggiunsero al suo lavoro una componente ospedaliera intimamente legata al corpo, una tragica nella fragilità che definiva una visione antropologica della malattia, della peribilità e della guarigione. È nella venuta di questo universo che questa scultura appare, come vicino alla scala del corpo come un pezzo di mobilio, ma trasformato in un monumento. A volte Pedro Cabrita Il lavoro di Reis porta questa scala monumentale a un livello architettonico e la scultura diventa un edificio. In nessuno di questi casi è sempre lo spazio in cui il suo lavoro si occupa, ma il nostro rapporto con esso, anche quando la sua proposta – in cui c'è un incrocio di memoria romantica, la nostalgia dell'umanesimo razionalista, l'archeologia di un pensiero pre-artistico e la vista della mano – prende il modello della cattedrale o il suo opposto, la fibbia, come la sua matrice di base. Qui, tuttavia, è la scala umana leggermente amplificata del corpo che rende questa macchina obsoleta, questa batteria che può essere creduto solo sotto luce elettrica, dal vivo. Delfim Sardo
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