Luogo di nascita: Tuscany
Anno di nascita: 1605
Anno di morte: 1660
Biografia:
Felice Ficherelli, detto il Riposo di Orazio Fidani.
A una fase più tarda sono riferibili opere come la copia dell'Apparizione della Vergine a san Bernardo del Perugino (1655-1656) per la cappella Nasi in Santo Spirito, arricchita per l'occasione da due laterali con i santi Francesco e Antonio da Padova. Al 1654-1657 è riferibile la Madonna che offre il Bambino a sant'Antonio coi santi Francesco e Nicola per la chiesa di Sant'Egidio a Firenze (per lo spedalingo Ludovico Serristori), al 1655 circa la Santa Cecilia nella chiesa di San Giovanni Battista a Livorno (da Sant'Agostino), e al 1657-1659 una serie di lavori per la certosa di Firenze, in particolare a due altari per il coro dei conversi (Sant'Antonio da Padova, opera perduta, e una Madonna che appare a san Filippo Neri, in cattivo stato di conservazione).
A parte queste opere religiose, la produzione del Ficherelli è in massima parte legata a opere destinate alla decorazione privata, di soggetto sia sacro che profano, ma sempre in chiave essenzialmente profana. In tale produzione è accostabile al coetaneo Francesco Furini e a Cecco Bravo. Si possono elencare esempi quali il Sacrificio di Isacco, la Giuditta e Oloferne (entrambi in collezioni private), la Giaele e Sisara dei Depositi delle Gallerie fiorentine, la Sant'Agata appartenuta a Francesco Redi (Digione, Musée Magnin) e il Martirio di sant'Agata per il cavalier Serzelli (Firenze, collezione privata). Lo stesso Serzelli ne possedeva un'opera giovanile, la Cacciata dei progenitori dal paradiso terrestre, di cui si persero le tracce nel 1892, noto però da almeno un'altra versione comparsa sul mercato antiquario romano.
Nelle migliori opere il forte senso drammatico è reso dai gesti enfatici dei protagonisti e dalle espressioni intense, che si sposano con un forte contrasto tra luci ed ombre, ingentilito però da una resa morbida dei volumi grazie a una pennellata smorzata. L'effetto di ambigua contraddittorietà dà origine a forme di grande raffinatezza, come il Tarquinio e Lucrezia dell'Accademia di San Luca a Roma (e nota in varie repliche) o Giulia che riceve la veste insanguinata di Pompeo (Genova, collezione privata).
Quest'ultima opera era nelle collezioni fiorentine dei Bardi Serzelli, assieme a una Santa Prassede che è forse oggi l'opera più nota del pittore, se non altro perché ebbe una copia "illustre" firmata da Johannes Vermeer nel 1655 (anche se su tale firma esistono dubbi di autenticità). Nella Santa Prassede, rappresentata mentre versa in un recipiente il sangue di un compagno martirizzato raccolto con una spugna, il soggetto cruento è addolcito da un senso di pietà nell'espressione e dalla rappresentazione di una donna contemporanea, perfettamente abbigliata secondo la più sensuale moda cortigiana.
Verso il 1650 tali temi sensuali, comuni al Furini, sono pressoché abbandonati, avvicinandosi di più alla tragicità pessimistica di Cecco Bravo, da cui riprese anche una pennellata più sfatta e ricca di chiazze baluginanti: tra gli esempi l'Allegoria della Pazienza (Firenze, collezione privata), l'Artemisia (in ottagono, Firenze, collezione privata), la Sofonisba in atto di prendere il veleno (Mc Corquodale, 1979).
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