Luogo di nascita: Riale D’Alagna
Anno di nascita: 1580
Anno di morte: 1633
Biografia:
Antonio d'Enrico, detto Tanzio da Varallo, o semplicemente il Tanzio deriverebbe la deformazione patronimica ("d'Anz", ovvero "figlio di Giovanni") che, italializzandosi, porterebbe al soprannome "Tanzio", con il quale egli fu da tutti chiamato dopo il suo trasferimento a Varallo.
Giovanni era anche il nome di uno dei fratelli della numerosa famiglia: si tratta di quel Giovanni d'Enrico, architetto e scultore, che nel 1586 incominciò a operare nel grande cantiere del Sacro Monte di Varallo e che fu poi, per circa quarant'anni artista di fiducia della fabbriceria del Monte e protagonista assoluto nella realizzazione degli apparati statuari.
L'apprendistato di Tanzio avvenne, con ogni probabilità, sotto l'attenzione di Giovanni, fratello più anziano di lui, e si può pensare che essa si sia svolta - com'era tradizione in Valsesia - nel campo della scultura prima che in quello della pittura.Le fonti documentali nulla ci dicono a proposito dell'apprendistato e dei pittorici esordi valsesiani di Tanzio, lasciando le porte aperte a diverse congetture.
Un dato certo è invece relativo al fatto che nel 1600 Tanzio, assieme all'altro fratello Melchiorre, partì alla volta di Roma. Una lettera di patronaggio del prorettore della Valsesia ne attesta il proposito di recarsi pellegrini al giubileo indetto da papa Clemente VIII e di vivere con i proventi della loro attività di pittori.
A Roma avvenne - esperienza che lo accomuna a un po' tutti i pittori che a quella data giungevano nella città pontificia - la sua "folgorazione" per il nuovo linguaggio adottato dal Caravaggio, che era in quegli anni inquieto protagonista della scena artistica romana.
Il periodo di sua permanenza lontano dalla Valsesia durò verosimilmente sino al 1615, mentre il fratello Melchiorre vi fece ritorno assai prima.
Pochissime sono le opere assegnate dagli storici dell'arte al suo catalogo datate in questi quindici anni trascorsi prima a Roma, poi a Napoli e in terra di Abruzzo.
Si possono citare una Pentecoste i cui frammenti sono oggi conservati presso il Museo di Capodimonte di Napoli, la pala con la Circoncisione che si trova a Fara San Martino e quella con la Madonna dell'incendio sedato ] a Pescocostanzo (AQ) e la Madonna con Bambino nella sacrestia della Parrocchiale di Colledimezzo. In esse, per l'attenzione realistica e per gli intensi effetti chiaroscurali che fanno uscire le persone dal buio della scena, è palese il debito artistico verso il Merisi; ma sono anche presenti, nelle mani scarne ed adunche dei personaggi, nei volti scavati, nei gesti enfatici dell'estasi mistica, quei tratti di tormentato empito religioso che costituiscono una delle più significative cifre dell'opera intera di Tanzio da Varallo.
Si tratta - val la pena ricordarlo - di tele legate alla spiritualità francescana, che verosimilmente gli vennero allogate attraverso il "patronaggio" di alcuni rappresentanti dell'ordine dei Minori Osservanti al quale Tanzio fu devoto per tutta la vita.
È ragionevole supporre che il suo ritorno nei luoghi nativi, dopo le credenziali artistiche acquisite nei lunghi anni precedenti, sia legata alla prospettiva di un suo coinvolgimento - forse sollecitato dal fratello Giovanni - negli affreschi delle nuove cappelle del Sacro Monte di Varallo.
Prima di assumere tale impegno, Tanzio ebbe modo di dar prova delle qualità artistiche raggiunte realizzando, nel 1616, la pala di Domodossola, San Carlo comunica gli appestati; un'opera che fissa in un preciso istante l'atto di carità e di umiltà del Santo, in un'aura vitrea, resa angosciante dalla presenza tragica di un destino di morte.
L'artista di Riale di Alagna dovette porsi qui il problema del rapporto tra il realismo caravaggesco che a Roma gli era, per così dire, entrato nel sangue ed il manierismo di matrice piemontese - lombarda che si sforzava di interpretare la spiritualità e gli intenti pedagogici controriformistici propugnati da San Carlo Borromeo.
Giovanni Testori sottolinea in questi termini la difficile sintesi che Tanzio - a partire dalla pala di Domodossola - dovette continuamente inseguire:
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